Durante un pomeriggio afoso di luglio, durante il consueto scrolling di Instagram, finisco su una serie di stories di Salmo che mi colpiscono particolarmente. “I video dove vi fate le botte e vi fate di eroina anche no, per favore”, così esordisce il rapper sardo.
Il dissing in questione sembrerebbe esser stato strettamente collegato all’uscita del video teaser del collettivo FSK. Il video in questione si apre con l’immagine di una sostanza che ribolle, che richiama l’eroina, seguito poi da ben più palesi sniffate e pistole.
Eroina: perché fa e deve fare così paura?
A leggere i giornali pare che si sia diffusa l’abitudine di fumare l’eroina, togliendo quindi lo stigma sociale del buco e facilitandone il consumo anche in una fascia molto giovane della popolazione, tra i 14 e i 16 anni. “L’eroina è tornata”, fa paura vero?
L’eroina è considerabile la droga letale per eccellenza perché genera una dipendenza immediata. Come tutte le sostanze stupefacenti, anche l’eroina durante l’assunzione crea uno stato di piacere istantaneo, il rush vissuto come un orgasmo, senza però particolari sintomi negativi nel post dose.
La trappola dell’eroina sta nel rapido lasso di tempo in cui si può divenire assuefatti, cioè nel necessitare una quantità sempre maggiore di sostanza per mantenere uno stato di normalità, manifestando violenti sintomi fisici di astinenza e crisi psicologiche con gravi ripercussioni sociali.
Il film Trainspostting rappresenta, quanto più verosimilmente, le sensazioni dovute a dipendenza, assuefazione ed astinenza. L’eroina, oltre alle probabili malattie infettive trasmissibili attraverso le siringhe, conduce quindi in poco tempo a un alto livello di tossicità, a causa delle quantità sempre maggiori di sostanza nel sangue, portando ad overdosi spesso fatali.
Lo stretto legame tra rap e droga
Soprattutto negli anni ’90 e 2000, le tematiche relative alla droga – consumo e spaccio – sono andate a braccetto con il rap portando la società ad etichettarlo come “pericoloso”, poiché in grado di influenzare negativamente i ragazzini che lo ascoltano.
Nonostante mezza Italia viva ancora nel mito di un rap italico che si è fatto sa se’, sono sempre stati gli Stati Uniti il punto di riferimento. E in America la droga è sempre stata un argomento chiave del rap, nel bene e nel male — in primo luogo per mettere in guardia dal crack, vera epidemia per le comunità nere degli anni ‘80-’90.
Nel 1984–85, infatti, nei quartieri peggiori di New York e Los Angeles si cominciava a cuocere la cocaina col bicarbonato di sodio; le conseguenze furono disastrose e ciò ha fatto sì che la crack-cocaine diventasse importante nella storia del rap americano.
Dai primi messaggi contro la vita a cui sembravano essere tutti destinati, almeno per chi abitasse nel ghetto, fino ad arrivare al gangsta rap che si nutriva del vanto di vendere crack e sparare ai poliziotti. D’altra parte il crack per molti diventava senza dubbio una fonte di reddito: Notorious B.I.G e Jay-Z ne furono due esempi.
Sebbene quindi l’eroina nell’immaginario musicale collettivo sia storicamente legata al rock, basti pensare a Janis Joplin, Sid Vicious, Kurt Cobain; anche il rap non ne fa a meno.
Il genere giustifica il messaggio?
Tornando all’Italia, molti esponenti del rap italiano hanno cantato esplicitamente di alcune sostanze – tra cui anche l’eroina – come critica sociale o testimonianza delle difficili situazioni della periferia, ma anche ne hanno fatto simbolo per costruire un immaginario specifico.
E’ appunto il caso della FSK, il cui esercizio di stile ne fa divulgatori di un messaggio pericoloso e scorretto (soprattutto per il giovane target a cui è veicolato), allo stesso tempo portatori più sinceri del genere che rappresentano. La trap nasce dai sobborghi, da tavoli di spaccio e violenza; la FSK crew non fa altro che riportare la Trap da dove proviene.
Il teaser video racconta in modo diretto questo mondo di provenienza, tra coltelli, pastiglie e sostanze che ribollono in padella. Un messaggio visivo quindi giustificato dalla ricerca di adesione alla storia di un genere? Non penso sia sufficiente.
Se partiamo dall’assunzione che l’arte sia un linguaggio, ossia la capacità di trasmettere emozioni e messaggi, allora dobbiamo considerare l’artista come un veicolo di messaggi, che siano essi diretti o indiretti.
Allora nella produzione di un qualsiasi contenuto, un musicista nella sua duplice valenza di artista e personaggio pubblico deve forzatamente prendere coscienza della propria influenza e dei potenziali effetti che potrebbe avere sul proprio pubblico. Soprattutto sui più giovani, soprattutto nel momento in cui sfumano i confini tra critica e inneggiamento.
Conclusioni
Quoto Salmo: non si tratta di essere bacchettoni ma si tratta di non fare i coglioni con le vite degli altri. Gli artisti sono sempre stati a contatto con le sostanze stupefacenti di ogni epoca con le finalità di alterare il proprio stato di coscienza ed alimentare il processo creativo o per business personali.
Tra il farlo per esigenze artistiche e il dichiararlo ossessivamente nei propri testi c’è una sottile differenza, marcata dalla responsabilità sociale che allora non è solo una scelta, ma esattamente ciò che separa il personaggio dall’artista e rispetta la vita altrui. Che questi nuovi artisti siano troppo immaturi per capirlo?