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Interviste

Mecna e il racconto autentico del suo nuovo album Stupido Amore

Mecna e il racconto autentico del suo nuovo album Stupido Amore

È uscito giorno 5 Maggio, il nuovo album di Mecna dal titolo Stupido Amore per Virgin Records / Universal Music Italia. Ho avuto il piacere di fare quattro chiacchiere insieme a Mecna (Corrado Grilli) in merito all’uscita del suo nuovo album Stupido Amore.

Un album che racchiude al suo interno le esperienze vissute dallo stesso Mecna ma in chiave più matura e consapevole. Durante l’intervista sono nati diversi spunti interessanti sul suo modo di vivere e intendere la musica, continua a leggere per saperne di più.

Foto di copertina: Simone Biavati

In quale momento della tua vita ti trovi adesso e invece in quale momento hai scritto l’album Stupido Amore? Come nasce il titolo Stupido Amore?

Il disco si chiama Stupido Amore perché fondamentalmente parla di vari aspetti dell’amore, racchiude il dualismo di qualcosa che da un lato ti fa stare bene mentre dall’altro può avere dei risvolti che puoi tendere a maledire.

Il disco è stato pensato diciamo subito dopo la chiusura del tour con Coco, venivo dal progetto Bromance e da subito ho iniziato a scrivere dei pezzi nuovi. Mi sono messo in studio con la band per scrivere questo disco, volevo da subito dargli un’identità con un suono più coerente e con una dimensione più suonata.

In Questi giorni matti dici “Respiro l’aria di casa però è lontana e pagherei per ritornare”, sei andato via da Foggia per motivi legati alla tua altra passione come grafico, e nei tuoi lavori si è sempre percepito questo senso di “voler andare via”. Nel nuovo album invece per la prima volta c’è un “voler tornare”, è cambiato qualcosa o è il solito senso di nostalgia di casa?

No, penso sia più nostalgia. Le scelte che ho fatto mi hanno portato qui, qui sto bene, sicuramente per rincorrere quello che volevo fare sia nel caso della musica che come grafico era una scelta obbligata quella di andare via da Foggia. Però spesso la nostalgia torna e nei pezzi la lascio andare.

Come sono nate invece le collaborazioni all’interno dell’album? Sono state tutte volute o diciamo ci sono stati dei suggerimenti esterni in merito?

No no, sono nate tutte in maniera spontanea. Sono tutti artisti con i quali volevo collaborare e che diciamo all’interno del disco regalano un punto di vista diverso. Non sono tantissimi, però li ho voluti anche per dare un’altra chiave di lettura ad alcuni brani.

Ci racconti la storia dietro al brano Lo dovevi fare con me ft. Dargen? Si tratta di una storia realmente accaduta?

Beh si, che la mia ex ha avuto un figlio! Quello è un pezzo nato un po’ per gioco e poi successivamente è diventato una bomba. Insieme a Bais abbiamo deciso di inserire Dargen che poteva sicuramente dare quella sfumatura ancora più ironica ad un pezzo che in realtà è reale! Sono cose che poi alla fine succedono, più vai avanti con l’età e più senti di gente con la quale magari sei stato che davvero si è fatto una nuova vita, ed è un modo più adulto per dedicare una canzone diciamo “giocosa”.

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Com’è cambiato il tuo rapporto con il pubblico nel tempo? E Com’è stata questa nuova esperienza degli showcase?

Sicuramente dall’idea di fare degli showcase che precedevano l’uscita del disco è cambiato ulteriormente il mio rapporto con il pubblico, già quello è stato un modo per ringraziare le persone che hanno creduto in un disco ancora prima che uscisse. Quindi già il solo fatto di fare questi showcase è un modo per essere più vicino a loro. Poi nella fattispecie gli showcase sono stati dei momenti abbastanza intimi in cui abbiamo ripercorso un po’ tutti i miei dischi e alcuni dei brani nuovi.

É stata un’esperienza incredibile sia per me che per il pubblico, un’occasione per poter ascoltare dal vivo per la prima volta dei brani nuovi. Per me poi è stato bello anche perché sono riuscito a vederli in faccia mentre ascoltavano dei pezzi che avevo scritto per la prima volta ed è una cosa che alla fine non mi capita mai.

Ti aspettavi tutta questa risposta? A me ad esempio, la cosa che ha particolarmente sorpreso è stato il come appunto la gente sapesse a memoria i due brani che hanno anticipato il nuovo album usciti neanche due settimane prima.

Sì, questo ha stupito anche me! Ciò che splende e Mille Voci le hanno cantate tutti. Sono contento dai, vuol dire che sono piaciute e che sono ascoltate tanto!

Mecna – Ciò che splende

Come hai scelto la scaletta dei brani da cantare? Penso ad esempio alla scelta inaspettata di Cerotti.

Bah allora, dal momento che era uno showcase e non nasceva come un vero e proprio concerto, anche se poi in realtà lo è stato, volevo creare un po’ una sorta di differenza tra chi mi era venuto a vedere nei live negli anni passati e chi mi sarebbe venuto a vedere nei live futuri, infatti ero anche da solo e non c’era la band con me sul palco; era un modo anche quello per rendere la cosa più intima.

E anche la scelta dei brani è stata fatta in relazione a quello. Ho anche scelto dei pezzi che non facevo spesso, ma che sapevo che la gente voleva ascoltare. Quindi invece di andare sulle canzoni più streammate, sono andato a scavare un po’ di più, e questa scelta penso sia piaciuta perché la gente si è presa bene.

Tra i nuovi temi trattati all’interno dell’album emerge anche il tema della morte che avevi affrontato in passato seppur in maniera differente.. Ad oggi hai trovato il modo di trattarlo con una consapevolezza nuova?

Sicuramente sì, perché sono temi universali. Però un po’ è dovuto diciamo alla maturità che piano piano ti forma, al farsi tante domande, ma anche un po’ l’essere predisposti in una certa maniera, può influire sulla scelta di trattare questi temi. Ad esempio, c’è stata la possibilità di parlare di alcune cose anche in relazione all’ascolto di una base musicale che mi andava a preferire la scrittura su una certa tematica piuttosto che un’altra.

Io dico sempre che fare musica è una cosa magica proprio perché mi permette di scoprirmi. A volte la scrittura è come se andasse un po’ da sola e sono io che le devo dare un senso dopo. In questo caso è successo che eravamo in studio, stavamo buttando fuori delle idee ed è sorto subito questo ritornello che poi mi ha aperto la possibilità di parlare di un tema così.

Si dice che “Mecna non si dedica” ed è diventato poi un mantra tra i fan, a sto giro hai deciso di chiamare l’ultima traccia “Canzone da dedicare”. C’è un filo conduttore anche in questo caso? Vuoi spiegarcelo?

In realtà il pezzo nasce in un’altra maniera. Era la canzone per qualcuno, poi ho cercato di descrivere varie situazioni, varie persone, varie personalità, vari momenti, ed è diventata quindi una dedica a tutte queste persone, a tutti questi momenti che poi possono essere delle dediche a vari momenti miei o personalità che uno può avere.

Sicuramente il titolo gioca anche su questa cosa del “Mecna non si dedica” che però ovviamente è una cosa che mi fa piacere perché vuol dire che le persone non hanno voglia di associare un’altra persona a una mia canzone per paura che poi si possa rovinare il ricordo di quel pezzo.

In Oceano Adriatico ci sono un po’ di frecciatine, come stai vivendo il rapporto con la scena musicale attuale? Ad oggi cosa ti dà ancora fastidio?

Bè il mio rapporto è sempre un po’ tormentato! Da un lato ci sono dei momenti in cui sono contento, dall’altro momenti in cui vorrei sempre di più. Sicuramente penso che ho raggiunto un livello di pace interiore che mi fa stare bene, però sono anche uno che pensa tanto e che guarda tanto gli altri. Infatti, è in questi pezzi che esce fuori l’anima sempre un po’ insoddisfatta, sempre un po’ tormentata. Che poi è anche il lato da cui attingo per scrivere e quindi tendo a parlarne molto.

Infine, un ultima domanda, in diverse occasioni, quando ti è stato chiesto di parlare di brani scritti in passato spesso hai detto che non ti ci ritrovavi più. Eppure, nei tuoi lavori c’è sempre un filo conduttore che richiama o riprende un po’ quello che è stato il tuo vissuto passato, anche artisticamente. Potresti spiegare questo rapporto che hai con i tuoi lavori passati?

Mah in realtà dipende, io con i miei lavori passati sono abbastanza in pace. Sicuramente quello che ho sempre detto è che nel mio primo disco, che poi è anche il disco che vuoi o non vuoi è stato un punto di riferimento per alcuni che mi hanno scoperto in quel momento, che è appunto Disco Inverno, ci sono degli episodi in cui non mi riconosco. Ora riconosco che avevo provato ad essere dei tipi di rapper che poi in realtà non ero. Ho realmente capito che il mio modo di scrivere, che mi contraddistingue, che piace fare a me e che poi piace anche alle persone, è quello di uno che parla di cose normali e che descrive sentimenti e sensazioni, più che fare dei brani “Banger” e così via.

Conclusioni

L’album si rivela l’insieme perfetto tra vecchio e nuovo dell’artista, infatti non mancano anche i riferimenti a precedenti brani. La voglia di sperimentare restando però fedele a se stesso.

In Mecna si evince un’evoluzione artistica che a volte può far pensare a un cambiamento nel suo percorso musicale, ma è lui stesso a ribadire in uno dei suoi brani “Ricordami chi sono e quanto sono cambiato anche se non sono cambiato“. Perciò non mi resta che augurarvi un buon ascolto nell’evoluzione di un’artista che continua a sorprendere senza mai cadere nella banalità.

Foto di Benedetta Casella per Boh Magazine

Sono un’accumulatrice seriale di pensieri non detti, un’osservatrice acuta dei fatti degli altri e un’ascoltatrice devota di canzoni tristi

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