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Interviste

Federica Abbate, la penna magica delle Canzoni per gli altri, ha imparato a scrivere seguendo la sua libertà artistica

Intervista a Federica Abbate, in occasione dell'uscita del primo album ufficiale "Canzoni per gli altri".

Federica Abbate, la penna magica delle Canzoni per gli altri, ha imparato a scrivere seguendo la sua libertà artistica

Federica Abbate è cresciuta. Non a livello di scrittura – lì è sempre stata gigante – ma a livello di consapevolezza, non relegando più la sua arte a nessun confine, facendola volare libera nel cielo come una rondine.

L’uscita del suo primo album ufficiale, dal titolo Canzoni per gli altri, è stata l’occasione giusta per intercettarla per una chiacchierata molto interessante, andando a indagare sia il suo lato autorale che da cantante, e arrivando a capire una cosa: non importa il vestito che indossi nella musica, conta sempre la persona che lo porta, l’unica in grado di lasciare il segno. E Federica Abbate è pronta a imprimere il suo marchio.

Prima di cominciare: Federica Abbate, biografia e discografia

Foto di copertina: Claudia Campoli

Canzoni per gli altri è il tuo primo disco ufficiale. Dopo tutto questo tempo, in cui il tuo nome era già conosciuto, perché adesso è stato il momento giusto per far uscire il progetto?

Come ben sai ho iniziato come autrice pura, quindi io assolutamente volevo solamente scrivere, ero dedicata full time solamente alla scrittura delle canzoni. Poi, a un certo punto, complici anche i vari feat. in ambito Urban, come In radio o Niente canzoni d’amore, ho iniziato – in maniera del tutto inaspettata – a trovarmi su dei palchi e a misurarmi con la mia voce.

Io non ero ancora pronta per fare un salto del genere, perché io, come ti dicevo, ero autrice pura, per tanto tempo ho solamente fatto quello. Ho deciso di far uscire un primo EP – In foto vengo male, ndr – all’interno del quale appunto mi coprivo la faccia, perché in qualche modo per me tutto quello intorno alle canzoni l’ho dovuto imparare, perché tutto quello che era fuori dalla scrittura per me era una giungla.

Quindi a un certo punto ho passato un momento – di mezzo – in cui dicevo mi piace scrivere canzoni, mi piace cantarle, ma tutto quello che ruota intorno alla canzone che non è musica per me è difficoltoso, per me è traumatico. Questo scazzottamento, che fa parte dell’essere artisti in generale, è durato fino a quando da donna più adulta ho iniziato anche ad apprezzare la parte del cantare, divertendomi, arrivando a un punto in cui avevo voglia di godermi le cose.

Federica quindi fa l’autrice, fa la cantautrice, fa entrambe le cose, contemporaneamente. Mi sono quindi detta che volevo essere libera, volevo scrivere un po’ di canzoni, e non era importante neanche il genere perché alla fine al centro io voglio mettere la mia penna.

Quindi Canzoni per gli altri, il mio primo songwriter album, non poteva che chiamarsi così, necessario per chiudere appunto il cerchio.

Sul tuo percorso d’autrice, nel comunicato stampa c’era una definizione a mio avviso calzante, ovvero penna di platino. Considerando che i testi scritti per gli altri erano impeccabili, quanta ansia da prestazione avevi per un disco effettivamente tuo?

Guarda, prima ce l’avevo nel senso che ero più ragazzina, soprattutto l’ansia da prestazione ce l’hai quando non sei sicuro di te, ma io questa volta – sarà che la vita è breve – non volevo dimostrare niente a nessuno, mi sono goduta questo viaggio che è stato dentro di me e anche un po’ fuori di me, imparando cose nuove.

Ho scritto delle canzoni che mi piacevano, non volevo dimostrare niente a nessuno e forse anche quello è stato il segreto, perché queste canzoni in realtà sono molto belle e non volevo neanche focalizzarmi su andare a fare una cosa studiata. Ho fatto un album con un suono, senza imparanoiarmi su nulla, perché lo faccio già abbastanza nella vita personale.

Avevo bisogno di libertà artistica perché comunque, per tanto tempo, giustamente non ne ho avuta tanta: mi sono detta se questa Federica, autrice e cantautrice, piace, bene, altrimenti se non piace ho comunque fatto quello che che mi andava di fare.

E spero che il mio cuore sia arrivato, perché alla fine io volevo essere me stessa, arrivando anche al cuore delle persone, con un mondo visto da una ragazza della mia età che è una ragazza che diventa donna, che interpreta e filtra il mondo secondo i suoi occhi, in un disco che parla di Federica che ama esserci per gli altri, scrivere le canzoni per gli altri, ma anche cantarle.

Appena uscito Canzoni per gli altri, ho scritto due parole sul tuo disco, dicendo che sei entrata a gamba tesa nel pop italiano.
Quanto concordi con questa affermazione? Cosa ne pensi, in generale, del pop italiano attuale?

Sicuramente io faccio pop da sempre, però poi la vita mi ha sempre un po’ portato vicino all’urban e anche a tanti altri mondi, perché chiaramente facendo l’autore si collabora tantissimo.

Quindi sicuramente il mio pop è un pop sporco, sporcato dall’urban, sporcato dall’indie, e io faccio pop music perché alla fine la musica popolare secondo me è quella che è sempre stata più vicina al mio gusto, avendo anche come modello – ed essendo fan – di Dido o di Sia.

Per quanto riguarda la scena pop italiana secondo me si sta rinnovando bene, c’è tanta freschezza, perché c’è tanta contaminazione, e non esiste più il pop standard, essendosi poi mischiato con altri generi, come rap, trap, raggaeton.

Tutto questo è andato a colorare e a sporcare la canzone tipo italiana, e anche io stessa negli anni ho dovuto cambiare tanto perché alla fine la musica si muove molto velocemente, quindi o le stai dietro o rimani indietro.

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Torniamo agli inizi. Il tuo primo segnale cantato alla musica italiana arriva nel brano In radio di Marracash, con il quale hai collaborato poi anche in brani successivi. Come è avvenuto il primo incontro con lui e come è nata l’idea della collaborazione?

In maniera del tutto casuale, perché io avevo appena vinto un contratto con Universal Publishing, avevo 22 anni. Mi ricordo che andai da Klaus Bonoldi a fare sentire le mie canzoni e mi disse di tirare fuori qualcosa di mio a livello di scrittura, e lì mi sono sentita un po’ spiazzata, perché guardarsi dentro è una cosa molto complicata per trovare la propria cifra stilistica, che però è necessaria per passare dall’essere una delle tante a diventare una penna di riferimento, e quindi in quel caso decisi che volevo provare a fare questo salto.

Mi misi ad ascoltare un sacco di cose che in quel momento andavano veramente, soprattutto pop americano. Anche un po’ ossessionata dalla scrittura di Sia ho avuto quella spinta che mi ha dato modo di tirare fuori la mia cifra stilistica, contaminata chiaramente dalle reference americane. Questo ha fatto venire fuori quella melodia – ritornello di In Radio, ndr – che era un sacco rollercoaster ed era particolare, perché era molto nordica e come sapori molto americana.

Non sapevamo a chi dare questo ritornello proprio perché era particolare, qualcosa di nuovo a livello di scrittura e avevamo provato a farla cantare a un po’ di cantanti senza successo, fino a quando Marra disse è così bella fatta da te, cantala tu.

Io non avevo mai cantato e rimasi spiazzata, ma entrai in studio e la cantai, in un momento in cui non avevo né un progetto né l’intenzione di fare questa cosa. Cantando il ritornello di In radio ho scoperto che colore aveva la mia voce, e ho scoperto un mondo che aveva iniziato ad affascinarmi.

Non ero preparata a cantare sui palchi, emotivamente non mi sentivo pronta, ma iniziare a condividere i palchi prima di Marracash mi ha fatto capire che mi piaceva, e quindi ho iniziato a farlo con piacere, diventando più consapevole e più felice.

Sempre in tema collaborazioni, ogni traccia del tuo disco ne presenta una. Come si fa a mantenere la propria impronta – come tu hai fatto – senza far diventare i propri pezzi canzoni DEGLI altri?

Mettendo la mia cifra stilistica man mano negli anni, imparando a conoscere la mia voce, ho imparato anche a conoscere la scrittura che ben si lega alla mia voce.

In questo caso sono pezzi che io ho scritto all’inizio per me, essendo un songwriter album io ho toccato vari mondi e generi, mantenendo la mia cifra stilistica e la mia penna.

Avendo poi toccato diversi mondi, e avendo sempre collaborato e scritto con altri, avevo voglia di farlo anche adesso, perché comunque andare in studio con degli artisti che mi hanno legittimata prima in quanto autore – e questa volta invece andarci in studio in quanto artista – per me ha significato tantissimo anche come apporto di stima da parte loro, ed è un ritorno che non era per niente scontato, molto umano e bello.

Franco126, uno dei feat del tuo disco, ha definito in un’intervista a Boh il lato autorale come l’aspetto più interessante del suo lavoro. Qual è la tua visione in merito? Concordi con la sua affermazione?

Fondamentale. Perché comunque è normale che quando tu scrivi sei intrippato con la scrittura – io sono proprio intrippata – e sono ossessionata dalle melodie, tra l’altro io ho una memoria melodica allucinante, il mio cervello è ossessionato dall’estetica melodica.

A differenza mia Franco126 secondo me è più ossessionato dai testi, nel senso che lui ha proprio una visione molto lucida e complessa sui testi, avendo una poetica incredibile.

In generale, la parte più bella è proprio la scrittura, perché è la parte più pura. Scrivendo non è importante come sono vestita quel giorno, perché c’è solamente la scrittura che mi prende.

Spesso poi scrivendo c’è anche la collaborazione con un altro artista, quindi si attua un interscambio di idee bellissimo che consente di unire ancora di più le forze, perché la collaborazione è tutto.

Ci si chiede se venderà quel brano? Non si sa la fine che farà, c’è solamente bello o brutto, mi piace o non mi piace, che bomba scriviamolo, c’è solamente l’entusiasmo.

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Nel tuo percorso da cantautrice ti sei mai trovata senza qualcosa da dire? Come hai superato il buio?

In realtà, se ci fai caso, spesso lo spettro linguistico dentro una canzone è molto stretto, cioè il significato che vado a dire con quella canzone è minuscolo. Ad esempio, nel brano Tra una canzone e l’altra con Franco126, io fondamentalmente dico una cosa di una banalità infinita, ovvero che quando ti lasci con qualcuno hai sempre bisogno di un momento dove ti prendi una pausa perché c’è un vuoto, c’è un silenzio come quello tra una canzone e l’altra. È uno spazio in realtà molto breve, una finestra veramente piccola, ma è come tu dici quella cosa che fa la differenza, perché in realtà poi si costruisce un mondo.

Ci sono tutte piccole cose della mia vita che magari mi appunto, anche mentre scrivo una melodia, così che scrivendo ti possono venire sempre parole in mente, quindi non si riesce a rimanere senza cose da dire, perché tanto c’è sempre qualcosa da dire, ed è sempre come lo dici che è importante.

Come vai a dire quella cosa? Lo devi fare con una semplicità disarmante e in modo non banale, ed è quella la difficoltà del fare poesia.

Il 26 novembre porterai live alla Santeria Toscana 31 di Milano il tuo disco. Che show dobbiamo aspettarci? Puoi spoilerarci qualcosa?

Allora, stiamo organizzando tutto adesso, chiaramente perché è stata una novità anche per me, è veramente qualcosa che ho annunciato e che mi hanno detto veramente pochissimo tempo fa.

Sicuramente vi dovete aspettare un’enorme voglia di condividere queste canzoni, finalmente live, perché comunque è una cosa che non ho mai fatto tanto e ho tanta voglia di vedere veramente in faccia le persone, di cantare a superciagola queste canzoni, quindi aspettatevi una grande festa.

Ci saranno degli ospiti e sarà bellissimo, sarà un bel momento, insieme a persone simili perché poi alla fine le persone che vanno ad ascoltare le stesse canzoni hanno qualcosa in comune, quindi sicuramente sarà un bel momento di condivisione.

Conclusioni

Federica Abbate ha ancora l’entusiasmo di una ragazzina che si affaccia per la prima volta al mondo della musica e che, ogni volta che ti parla di quanto le piace scrivere, ha gli occhi che le brillano.

Non c’è filtro nel suo entusiasmo, è rimasto totalmente sincero, ed è pronta alle nuove sfide che il futuro le riserverà perché ha una qualità fondamentale, crede in sé e nella sua scrittura, e in tutto quello che la sua anima riesce a raccontare. Impossibile non stare ad ascoltare quello che ha da dire.

Foto di Giulio Cremaschi per Boh Magazine

Due cose non possono mai mancare, il rap e il cibo.

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