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Quando la noia diventa una risorsa per creare: Intervista a Nitro

Quando la noia diventa una risorsa per creare: Intervista a Nitro

Venerdì 1 Dicembre 2023 è iniziato il tour Outsider, che porta in tutta Italia l’ultimo album omonimo del rapper vicentino Nitro in una nuova versione: spalleggiato sul palco da altri 4 musicisti che contribuiscono a una resa del live decisamente esplosiva, con tratti rockeggianti che si affiancano all’anima rap originaria di Nicola.

Poche ore prima dell’inizio della prima data, nella location di Bassano del Grappa, abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Nicola e abbiamo toccato i temi più disparati: dalle aspettative sul tour con la band, andando a ritroso alle prime collaborazioni e ai vecchi dischi, passando per i momenti più personali dell’artista: quando scrive.

Buona lettura!

Per cominciare: Chi è Nitro

Come stai? Sei pronto per il primo live di questo nuovo tour?

Sto molto bene! Per fare questa scaletta con la band ho dovuto fare anche un percorso riabilitativo dal punto di vista atletico, ricominciando a fare sport con costanza, quindi mi sento molto più prestante fisicamente e vocalmente.

Poi avere la band dietro ti dà una sicurezza perché si è in 5 sul palco, non sei più da solo, quindi sai che la macchina dell’intrattenimento non la devi più oliare solo tu ma sei con altri 4 elementi che ti spalleggiano quindi su questo mi sento molto più coperto. Ovviamente è molto più difficile perché non è come una base in cui puoi tornare indietro. 

Foto di Angelo Bitetti, alla prima data del tour

Cosa significa per te il fatto che la prima data sia proprio in Veneto, vicino alla tua città natale?

Una delle prime date da fare ci è venuto in mente di farla in Veneto perché qui loro hanno visto le origini di tutto questo, hanno visto quello che facevo io prima delle altre regioni prima che scoppiassi in Italia. Quindi era giusto portargli questa esperienza nuova per primi secondo me perché così si chiude un cerchio. 

Sei partito dal freestyle ad MTV Spit e sei arrivato ad un disco come Outsider in cui hai dato risalto alla parte testuale e alla parte strumentale in egual modo e valore. Questa volta il tour vedrà anche una band sul palco con te. Come racconteresti questa evoluzione musicale? Quali fattori – musicali e personali – hanno portato a ciò? 

Direi che il fattore dominante e scatenante è la noia. Fondamentalmente mi annoio tantissimo, mi annoio con poco cioè le cose mi stufano presto, quindi anche fare 4 dischi rap da solo dopo un po’ diventa alienante secondo me.

Già io non ascolto solo rap ma tantissimi generi diversi, quindi ho sentito proprio l’esigenza di spaziare perché il rap lo studio da quando ho 8 anni, quindi sono 22 anni che sono dietro sta roba da ascoltatore, ho bisogno anche di espandermi. Ci sono persone che sono contente sempre nella propria forma, a me piace invece cambiare, sorprendere, cercare di stupire e spiazzare piuttosto che dare sempre la stessa cosa e annoiare anche se è sempre una bomba. È proprio la noia il fattore principale, non riesco a pensare di essere limitato o categorizzato in un compartimento stagno e voglio sempre smentire chi mi ascolta, è una soddisfazione per me.

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Quindi il tuo modo per affrontare la noia è reagire. Non è un approccio scontato, spesso invece si rischia di essere succubi della noia..

A tutti può capitare un periodo in cui si è succubi della noia, l’importante però è capire che dopo un blocco c’è sempre un’evoluzione perché quando ti blocchi è il tuo corpo che sta cercando di capire come fare lo step successivo e magari non ti viene niente a livello di ispirazione e ti frustri e ti prende a male, ma in realtà è la tua testa che si sta abituando a ragionare ad un livello successivo, con un’asticella ancora più alta quindi è logico che ci vuole un po’ più di RAM. 

Da Garbage ad Outsider sono passati tre anni precisi. Cosa è successo a Nicola in questo tempo?

È successo di tutto e di più. Ovviamente dopo Garbage e dopo non essere riuscito a portarlo in tour, considerato quanto avevo speso a livello di energie personali per la realizzazione di quel progetto, più il lockdown, tutto questo mi ha mandato in depressione totale, non volevo più uscire e infatti per due anni non mi sono più fatto vedere in giro. In quel lungo periodo ho lavorato tanto, ho scritto tante canzoni di cui molte le ho buttate via e molte le ho tenute, però ho dovuto ricostruirmi l’armatura prima di uscire di casa di nuovo. Non è stato bello ma forse è stato necessario

Pensi che l’Italia non fosse pronta ad un disco come Garbage?

No, penso che l’Italia fosse concentrata su altro. Dopo 3 anni ci sono ancora persone che mi dicono “Cavolo quel disco mi ha tenuto un sacco di compagnia durante la pandemia” ed è l’unica cosa che sono riuscito a non farmi inquinare dalla pandemia, quindi sono solo contento di ciò.

Io comunque non faccio musica per il successo istantaneo ma faccio musica perché rimanga nel tempo e dopo 6, 7, 10 anni tu la ascolti e non suoni vecchia. Infatti secondo me una canzone come Pleasantville se uscisse oggi sarebbe un pezzo estremamente attuale. È il motivo per cui io mi concentro tanto a far la musica, perché preferisco che sia senza tempo più che istantanea, usa e getta. 

La tua scrittura è intrisa di introspezione e ricerca accurata di parole che esprimano al meglio le tue emozioni e pensieri. Quando scrivi segui un processo creativo specifico? Com’è una giornata tipo di Nicola in studio? 

Diciamo che anche qui la noia è un fattore molto grande. Io faccio mille trick per illudere la mia mente di non stare lavorando. Mi metto a giocare o guardare un film mentre sto scrivendo, ogni volta che sento una parola nuova, interessante, che ha un bel suono, che viene adottata nel linguaggio comune la scrivo in un foglietto, la metto in una boccia dove ho tutte le parole, a giorni mi sveglio, pesco due-tre foglietti e cerco di trovare un significato per collegarle. Cerco molto di farmi veicolare o dal caso o dal destino a volte. Però di base ci sono anche quelle volte dove arrivo al boiling point in cui mi sento saturo di emozioni e devo proprio buttare fuori tutto e lì sono le mattine in cui mi sveglio e scrivo una strofa in 25 minuti. 

A volte sono così, a volte ho bisogno di allenare la mia testa. Di base però cerco di produrre tutti i giorni. Seguo vari iter, mi metto, se non va mi chiedo cosa posso fare per farla andare. Allora vado nello studio di un mio amico. Non va neanche lì? Bon, prendo un libro e vado a leggerlo in mezzo alla natura e torno in studio dopo due ore. Cerco sempre di dire “Non è che non sei ispirato. Non sei ispirato adesso. Vai da qualche parte, fai qualche cosa e torna indietro”.

Quindi cerchi di reagire in questi momenti di difficoltà, hai un approccio responsivo..

Cerco continuamente di non arrendermi, perché se sommati ho perso tanti anni a livello di tempo quando mi son preso male perché mi sono fatto dubbi sulle mie capacità, sul mio talento, sulla mia capacità di superarmi. Tante volte quando vedevo che non imbroccava dicevo non è giornata, me ne andavo e mi prendevo male e stavo anche quattro giorni senza scrivere perché dubitavo di me stesso invece di pensare che magari dovevo dubitare in quel momento di me stesso e non di me stesso in generale. Se c’è una cosa positiva che mi ha dato il lockdown è che mi ha fatto perdere una quantità di tempo nella mia testa irrecuperabile per cui mi son detto “da oggi in poi cerco di creare qualcosa, non conta se è una parola, una frase, un concetto, una melodia.. ma ogni giorno voglio fare qualcosa per andare a letto contento e riuscire a dormire tranquillo”. 

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C’è un modo secondo te, o qual è stato il tuo modo, per ritrovare la fiducia e crede in sé stessi?

Non lo so, non è che adesso mi sento molto risolto, ci son dei giorni che sono così, oggi sono particolarmente contento perché inizio una nuova avventura che sognavo da quando ho 12 anni, cioè di andare in giro con la mia band, però dopodomani posso prendermi male per qualsiasi altra cosa. Quando succede questo la mia testa comincia a entrare in un loop di negatività, in una spirale che va verso il basso e allora cerco di uscirne, fare un passo indietro e non pensare o pensare a qualcos’altro facendo qualcosa di totalmente diverso come dipingere, scrivere storie, cerco di creare ma non il rap. 

Il rap è una parte che amo di me ma è anche la mia parte delicata, è una parte tanto potente di me quanto sensibile. Quindi a volte ho bisogno di creare in qualcosa da cui sono disaffezionato. 

Parliamo di Fabri Fibra. Lui è l’artista che fin dai tuoi esordi è stato presente nella tua discografia, con diverse collaborazioni. Dalla tua strofa nel suo brano Dexter è poi diventato una presenza fissa nei tuoi dischi, dalla skit iniziale in Rotten a collaborazioni come Ong Bak. Che rapporto avete e com’è nato? 

Fabri Fibra mi ha sentito nel mixtape di Spit che stava uscendo, siccome lo stavano mixando negli studi dove lavorava lui e aveva sentito in anteprima delle cose, tra cui la mia strofa e ha chiesto chi fossi. Quindi mi chiama Paola (Zukar) e mi dice “apri la mail che abbiamo una cosa per te”. Io apro la mail e sento un pezzo di Fibra fighissimo e sento che la seconda strofa manca. In quel momento lì sono scoppiato a piangere e ho visto tutta la mia vita stravolgersi davanti a me e ho detto “ok adesso sta decisamente succedendo qualcosa che stravolgerà la mia vita per sempre.” 

Da lì abbiamo fatto il pezzo insieme, purtroppo io non sono riuscito a registrarlo in studio da Fibra perché lo stava costruendo e aveva ancora i lavori dentro. L’ho registrato a Padova in casa di un mio amico e praticamente il giorno prima che uscisse l’EP con la nostra prima collaborazione sono andato a Milano perché volevo conoscerlo di persona. Ci siamo trovati sotto lo studio, mi ha dato la mano e mi ha detto “Ciao io sono Fabri, ti ringrazio perché sei un fenomeno e sono orgoglioso di averti nel mio disco”.

Sicuramente è stato uno dei momenti della mia vita che mi ricorderò per sempre e soprattutto la sua umanità. Mi piace molto Fabrizio perché è molto simile a me, parla molto poco ma quando parla dice delle cose che sembra ti conosca da 10 anni anche se invece ti osserva da 10 minuti. Molto acuto, molto intelligente. 

E soprattutto dà molto peso alle parole

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Nel brano Avvoltoi hai coinvolto tuo padre nella realizzazione della base. Che significato ha avuto per te collaborare con lui?

Sì mio padre suona la chitarra, quindi ne abbiamo approfittato di fare sta cosa insieme. E niente, poche persone possono dire di avere il proprio padre e Fabri Fibra nella stessa traccia, no? Quindi secondo me sono quelle cose che per quanto il metro di paragone di un artista sia il pubblico che ha, ci sono delle cose che devi fare per te molto egoisticamente, come questa cosa di mettere mio padre nel mio disco con Fibra, potrà anche non essere platino quella canzone però per me ha un valore che neanche dieci dischi diamante possono raggiungere. Poi siamo molto legati con mio padre.

Come percepisci i tuoi dischi a posteriori?

Solitamente subito dopo che escono per un anno o due li odio, li sento vecchi e vorrei non averli mai fatti. Poi matura un po’ di tempo, passano 6-7 anni, tipo ora riascolto Danger e vedo cosa scrivono i ragazzi ventenni adesso e rimango positivamente impressionato da me stesso. Io sono uno abbastanza insicuro ma ascoltare i miei dischi e poi sentire i pezzi rap che fanno molti ragazzi ora mi fa capire che avevo già un altissimo livello di scrittura e ci son persone che neanche a 30 anni arrivano al livello di scrittura che avevo io a 20 anni. Di quello sono super fiero, ho fatto capire subito di che pasta ero fatto. 

Possiamo aspettarci un featuring con Caparezza prima o poi? 

Michele è un amico, una persona che sento saltuariamente ma ogni volta abbiamo delle conversazioni intense e spiritualmente forti. Ha un’intelligenza estrema e secondo me si merita molto. È un artista a 360 gradi e mi piace come ragiona sotto ogni punto di vista. Spero che ci sia l’occasione di collaborare in questi anni. Pensa che lui ha uno dei miei primi beat che gli ho inviato parecchi anni fa, e la gente nemmeno sa che io faccio beat.. 

Mi piacerebbe anche produrre un beat e che lui ci rappasse sopra, l’importante è lavorare insieme ecco.

Approfondisci: Intervista a Caparezza – Exuvia

Foto del 21 Novembre 2015, live di Nitro al Demodé a Bari, Caparezza è passato a salutarlo e gli ha regalato il vinile del suo disco.

Conclusioni

Nitro è un artista eclettico, poliedrico, di una profondità rara che con acutezza analizza sé stesso e la realtà intorno fin da quando era molto giovane e traspone le sue riflessioni in canzoni cariche di una potenza espressiva che pochi artisti riescono a dare, portando anche chi ascolta a volersi guardare dentro e sentire le proprie emozioni, anziché fuggirne.

Con un percorso artistico prettamente a matrice rap, questo tour Outsider è il primo grande passo verso una nuova direzione artistica, che abbraccia altre sfumature dell’animo di Nicola. In che direzione proseguirà non lo sappiamo, ma finora, con 5 album alle spalle, varie deluxe edition e innumerabili collaborazioni con artisti e collettivi, ricordando Machete con i suoi mixtape, non si può dire che Nitro non abbia continuato a stupire e soddisfare canzone dopo canzone, dopo 10 anni sulla scena musicale, confermando la tua tenacia e determinazione.

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