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Interviste

Indaco da solista: Drast si prende tutto il suo spazio

Drast ha pubblicato il suo primo disco solista, dal titolo "Indaco". Composto da 12 tracce e nessun featuring, risponde all'esigenza dell'artista di prendersi tutto il suo spazio per esprimersi senza limiti e spaziando tra sonorità indie pop e rock, dopo aver condiviso per diversi anni l'esperienza musicale con Lil Kvneki nel loro duo Psicologi.

Indaco da solista: Drast si prende tutto il suo spazio

Indaco è il primo album solista di Marco, in arte Drast, artista già noto con Alessio, in arte Lil Kvneki, per il duo Psicologi. Con questo progetto senza collaborazioni, in cui tutta l’attenzione è sull’autore e sulla sua potenza espressiva, si è aperto un nuovo capitolo della vita personale e musicale del cantante napoletano in cui ha potuto ritagliarsi uno spazio tutto suo dove poter esprimere le esperienze e riflessioni raccolte in questi anni e portare la sua musica ad un grado successivo di maturità artistica.

Abbiamo fatto una bella chiacchierata toccando diverse tematiche e riflessioni intime, indagando sull’esigenza artistica da cui è nato Indaco e spaziando dalla forma alla sostanza, un dualismo ricorrente in questa intervista. Buona lettura!

Come stai?

Bene, sto in questo tunnel di interviste però mi sto divertendo perché mi fanno tante domande nuove interessanti.

Cosa ti aspetti dall’uscita del tuo primo progetto solista Indaco?

Non ho quasi mai grandi aspettative su quello che faccio. Mi capita raramente di averne e soprattutto con questo disco non ne ho, perché è nato dalla mia esigenza di raccontare delle cose, quindi sono molto contento che esca. Mi aspetto di stare un po’ più tranquillo dopo l’uscita perché è stato veramente un parto per me crearlo, quindi sapere che non è più una cosa solo mia è ciò che più mi importa in questo momento. 

Come nasce questo nuovo album?

È stato abbastanza spontaneo ma anche complicato perché avevo tante cose che volevo dire ma sono anche molto autocritico nel raccontarmi e nel decidere in che modo affrontare certi argomenti, che però ho una forte esigenza di voler esprimere.

Il disco è nato dal fatto che negli anni ho collezionato cose che volevo dire e argomenti da trattare, che non volevo rimanessero nell’hard disk. Quindi ho finalmente trovato il coraggio, deciso di tirarle fuori e di smettere di tenerle solo per me. Quando ho iniziato a lavorarci non mi era chiaro in cosa mi stavo imbattendo, finché non si è materializzato quasi tutto d’un tratto.

Questo progetto è caratterizzato dall’assenza di featuring, è corretto interpretarlo come la volontà di dargli un’impronta molto intima e personale?

Sì, è stata una scelta dettata dal fatto che non volevo rischiare di togliermi dello spazio, di non esprimere bene delle cose che volevo esprimere per collaborare anche con artisti che stimo. Le canzoni per come sono nate erano già complete per me, lo spazio che avevo a disposizione (la durata della canzone) era già riempito dalle cose che mi andava di dire su quegli argomenti. Poi comunque vengo da anni di collaborazioni, Psicologi era un perenne featuring. 

Come si arriva a trovare il coraggio per mettersi così a nudo?

Innanzitutto grazie per queste parole. La mia idea era portare tutte le persone nella mia camera, nel senso di riuscire a integrare e fondere tutte le foto di quando ero bambino con i viaggi che ho fatto e con la persona che sono diventato, e farlo vedere alle persone. Mentre lo facevo non è stato difficile, è stato più difficile trovare le parole e i suoni per arrivare a comunicare quello che volevo rispetto al mettermi a nudo, mi piace “spogliarmi” nella mia musica. 

Il disco si apre con Gran Finale e si chiude con Nuovo Inizio. Questa scelta vuole rappresentare un percorso attraverso il disco che poi si conclude con l’inizio di un nuovo capitolo della tua vita? 

Sì assolutamente, è un viaggio nel senso che è un percorso, e allo stesso tempo inizialmente la Nuovo Inizio era la prima traccia del disco e Gran Finale l’ultima. Poi a un certo punto, quasi per ridere, ero stanco di ascoltare Nuovo Inizio che era già uscita e ho detto ma se lo facciamo al contrario? E ascoltandolo non mi infastidiva con l’ordine invertito, anzi, quindi l’ho lasciato così.

La creazione di questo disco è stato proprio un percorso molto importante per me umanamente – ho fatto tanti viaggi, conosciuto tante persone nel mentre – quindi penso che ciò sia direttamente proporzionale alla musica. Più cresco musicalmente, più cresco anche come essere umano. Indaco segna un nuovo capitolo della mia vita perché mi sento molto più leggero ora che l’ho fatto, ho tirato fuori tante cose che volevo dire da tempo.

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La nostra prima intervista agli Psicologi – canale YouTube di Boh Magazine

Parliamo di Anima. In questo brano hai celebrato le tue origini napoletane e il cantautorato napoletano. Che emozioni ti ha suscitato creare questo brano?

La percezione che ho avuto io facendo questa canzone è stata quella di riuscire finalmente a fare una cosa che volevo fare da tanto tempo, cioè una canzone che celebrasse tutte le cose che porto con me in questo momento tra cui Napoli, la mia famiglia, tutte le persone importanti per me. Ne sono contento perché il linguaggio usato nel brano è il linguaggio della mia città a modo mio, perché è quello che mi appartiene di più tra quelli della mia città, e sono molto contento del risultato.

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In questo progetto convergono sonorità e generi differenti, dall’indie pop al rock. Come ti sei trovato nelle vesti di diversi generi?

Musicalmente è un ibrido tra tutte le più grandi influenze che ho avuto nella vita da sempre, sono contento di come sia venuto fuori e lo sento decisamente mio.

Poi è comunque figlio del periodo, secondo me i dischi sono molto legati al tempo in cui ci troviamo. Questo è un disco che poteva nascere solamente quest’anno, l’anno prossimo avrò vissuto nuove esperienze che si uniranno a queste e nascerà qualcos’altro, però sono contento che esista qualcosa che a livello di sonorità celebri la mie influenze musicali recenti, è un disco figlio dei festival e della musica dal vivo che sono andato ad ascoltare l’anno scorso. 

A che concerti sei stato?

Sono stato al Primavera, allo Sziget dove abbiamo anche suonato, poi sono stato a un festival a Lisbona a sentire gli Arctic Monkeys. Dopo tutto questo giro infernale di concerti, quello che mi è rimasto è che volevo fare un disco che suonasse davvero figo dal vivo

Foto del cantante Drast, Psicologi. Intervista per l'album solista Indaco
Drast – foto di Ilaria Ieie

Cosa pensi della stretta categorizzazione in generi musicali che si sente oggi come una necessità? Senti di appartenere a un genere in particolare? 

Indaco rispetto agli altri è sicuramente un disco più autoriale dove ho cercato di mettere in primo piano la scrittura – questo è l’unico campo semantico in cui mi sento di racchiudere il disco.

Quanto è importante il cambiamento per te, nel tuo percorso personale e artistico? 

A me piace molto e lo trovo figo, per me il cambiamento è la cosa più importante della vita. Il rapporto che ho con la musica è molto particolare: non ho un primo ricordo di approccio alla musica, è una cosa che non ricordo di aver scoperto ma ricordo la mia vita con già la musica dentro. Sicuramente è arrivata presto, alle medie già scrivevo canzoni e suonavo con la chitarra, quindi iniziare presto sicuramente aiuta poi ad arrivare presto alle persone, a 18 anni hai tante cose già più chiare.

Com’è stato il processo creativo dell’album insieme a tutta la band che ti accompagnerà anche live? In che modo cambia il lavoro di un artista quando affiancato da un team di lavoro?

Quando scopri cosa vuol dire lavorare con una band capisci che lavorare da solo è davvero più limitante di quanto riesci a immaginare. Io ho portato ai ragazzi tutte le demo fatte in camera su bozze di strumentale, e per quanto io abbia delle basi musicali se non avessi avuto una serie di persone che hanno ascolti simili ai miei e conoscono la musica non sarebbe uscito così il disco. Infatti è anche loro questo disco.

Lavorare con la band mi ha dato spunti creativi, riaprendo delle cose ne sono venute fuori di molto più fighe sia dal punto di vista musicale e vocale che autoriale.

Io poi tendenzialmente scrivo tutto da solo, difficilmente riesco a trovarmi con altre persone perché mi trovo a parlare dei cazzi miei e farlo insieme a un’altra persona sarebbe strano, ma ‘sta volta sono riuscito a lavorare alla scrittura anche con altre persone. Ad esempio Tutta la Vita, che è una storia d’amore, l’ho scritta con Daniele – lui mi conosce bene e abbiamo detto troviamo insieme le parole

Pensi che il tuo processo creativo possa essere influenzato da variabili esterne?

In realtà no, a me piace proprio fare la musica e di ciò sono molto contento perché secondo me ormai si dà troppa importanza al lato promozionale della musica, mentre quando le canzoni sono belle alla gente piacciono e basta.

Per me la cosa importante rimane la musica e sta sempre più perdendo importanza il contenuto e prendendo importanza l’estetica invece. Lo capisco, ma per me la scala d’importanza è diversa. 

Il disco l’hai registrato quasi interamente ai Rex Studio di Londra, cosa ti ha portato lì e com’è stata la tua esperienza nella città? Cosa c’è di Londra in questo in disco? 

Mi ha portato a Londra il fatto che è una città in cui sono stato veramente tante volte da piccolo e avevo tanti ricordi di quando ero lì, è una delle città che più mi sta a cuore. Quindi ho detto questo sicuramente è un buon punto a favore per andare a far musica a Londra.

Poi volevo fare musica con la band, ma come faccio a portare sei elementi in studio senza che la sera nessuno debba andare a cena con la ragazza, o al calcetto? Quindi ho pensato di andare via dall’Italia e ce ne siamo andati lì.

Cosa pensi dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’ambito musicale?

Non l’ho mai usata ma conosco abbastanza bene il settore, mio zio lavora con l’intelligenza artificiale quindi qualcosa mi è arrivato e penso sia uno strumento che verrà presto integrato nel mondo musicale.

Sicuramente è uno strumento troppo importante per non essere integrato, anche se adesso penso sia ancora un buco nero, conosciuto poco, come magari lo era internet vent’anni fa. Quindi credo che tra vent’anni convivremo con l’intelligenza artificiale. E poi è un po’ come la chitarra, non suona da sola comunque. 

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Conclusioni

Si chiude così la mia chiacchierata con Drast, che con la sua genuinità e chiarezza mi ha permesso di entrare un po’ di più in questo disco, capirlo dall’interno, dalla sua prospettiva. Scoprire il retroscena di un progetto così intimo e profondo permette di poter apprezzare maggiormente un prodotto che, quando arriva al consumatore spesso sembra calato dall’alto e slegato dal processo creativo e riflessivo dell’artista. Concludo quindi augurandoti un buon ascolto di Indaco e di lasciarti andare alle sensazioni che queste 12 tracce trasmettono!

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