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Interviste

La musica deve unire e suscitare dibattito: intervista a Vipra

Vipra nel suo secondo disco solista, Musica dal Morto, si è voluto allontanare da tutti i canoni della musica italiana attuale. Giovanni ci propone, infatti, un progetto pieno di critica nei confronti delle istiruzioni e del mercato discografico italiano. 10 tracce, nessun featuring, nessun produttore. Vipra ha voluto dare al disco una dimensione, come la definisce lui, domestica.

La musica deve unire e suscitare dibattito: intervista a Vipra

Per l’uscita del suo secondo disco solista, Musica dal Morto edito per Asian Fake (etichetta che comprende artisti come Venerus, Coma_Cose e Deriansky) ho avuto il piacere di scambiare due parole con Vipra. Cantante, autore, frontman dei Sxrrxwland, Giovanni è una persona che negli ultimi anni ha vissuto la musica italiana da tre punti di vista differenti. Ciò ha indubbiamente contribuito ad ampliare il suo punto di vista nei confronti del mercato musicale odierno, riuscendo ad analizzarlo nella maniera più oggettiva e critica possibile.

Vipra, inoltre, ha una notevole sensibilità in merito a tematiche quali il cambiamento climatico, le lotte per i diritti civili, parità di genere. Nel disco affronta tutti questi temi sbattendo in faccia all’ascoltatore la realtà, nella maniera più diretta possibile, senza filtri.

Ne è uscita fuori una chiacchierata in cui si parlerà dello stato di salute del mercato discografico italiano e del perché la musica italiana sia oggi così lontana dal voler smuovere il dibattito pubblico.

Buona lettura.

Innanzitutto, come stai? Tra Milano e Roma hai avuto un gran da fare per spiegare ai tuoi ascoltatori (e non) quali fossero le tue intenzioni riguardo il tuo disco. Pensi di essere riuscito a trovare una giusta formula di promozione, tale da permetterti di non snaturare la tua attitudine? O avevi altre idee in mente?

In realtà avrei preferito uscire in maniera molto più diretta e molto meno ragionata. Musica dal morto è pronto da diversi mesi. Fosse stato per me, lo avrei caricato su internet e basta, aspettando di vedere che cosa sarebbe successo. Giustamente però l’etichetta ti fa fare un percorso più ragionato, così da richiamare l’attenzione del pubblico. Anche perché l’attenzione è come un bene scarso.

Rimane il fatto che, promozione o no, contenuti e sound del progetto sono sempre quelli. Nulla è stato minimamente filtrato.

Il talk sulle donne nel mondo della musica che ho organizzato a Roma è una iniziativa più personale che di marketing. Quella, infatti, è una delle attività che io avrei fatto a prescindere dal disco. In quella circostanza ho voluto prendere una posizione e ciò porta molte persone ad avvicinarsi a te e alla tua causa, ma ne allontana tante altre.

Diciamo che quello che non mi rispecchia in qualsiasi cosa riguardi la musica è la parte di marketing, ma perché non è quello su cui io devo ragionare. Oggi l’artista dovrebbe essere il marketing manager di sé stesso, ma non è ciò che mi interessa.

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Videoclip del brano Guardami! – MANGO, sul canale YouTube di Vipra.

La scelta di non avere feat. o produttori dal nome altisonante come ha influenzato il tuo approccio creativo? Mentre scrivevi il disco hai mai pensato “su questa traccia ci starebbe proprio bene l’artista X”? E se ci hai pensato, cos’è che ti ha fatto rimanere coerente con la tua decisione iniziale?

A parte che ormai tutti i dischi sono impestati di featuring per poter scambiare il pubblico dall’artista X all’artista Y. In Simpatico, solare, in cerca di amicizie, il mio primo disco, ho inserito degli artisti con i quali c’era un buon feeling, quindi mi ha fatto piacere lavorarci.

In questo disco, invece, mi sono detto “voglio farlo con i miei amici”. Letteralmente i miei amici che sono dei musicisti stratalentuosi e hanno anche un progetto musicale tutto loro che si chiama Inude.

Poi c’è stato Peppe Petrelli che ha prodotto un sacco di roba. In generale a me piace di più questa dimensione “domestica” della musica. Ormai il featuring e il big producer servono un po’ a far curriculum sul disco e per me era più importante far passare un messaggio in questo momento. Cioè fate più musica e fate meno spettacolo!

Frame estratto dal videoclip di “Guardami! – MANGO”.

Parliamo un po’ del disco, nello specifico. Qual è il concept? Da cosa deriva il titolo Musica dal Morto?

Il concept del disco, come avevo detto anche in un post, è il contrario di musica dal vivo, perché la musica dal vivo è un po’ “morta” in Italia ora come ora. Ci sono i big che fanno i palazzetti, gli stadi ecc. Però avrai notato anche tu che a Roma, a Milano, in un po’ di posti, tutti quei locali più piccoli, penso al Goa, locali con capienze minori in cui gli artisti emergenti andavano a suonare per aumentare il proprio pubblico, in cui ci si trovava, ci si confrontava, sono spariti.

In Puglia c’è un evento chiamato Mal di testa, una serata dove fanno hardcore, post-punk, ci sono un sacco di band emergenti. Ci dovrebbero essere molti più eventi di questo tipo secondo me. Ci sta che ci becchiamo su internet però dal vivo è una cosa diversa. Abbiamo un corpo dobbiamo anche vivere di cose tangibili, capito? Per cui Musica dal Morto deriva da questo.

Lo so che sembra un discorso da boomer, però in realtà è importantissimo trovarsi fisicamente nei posti dove si fa musica dal vivo per incontrarsi. La musica perde di vitalità se non c’è più un rapporto con il pubblico che non sia solo quello tra fan e personaggio.

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E invece la copertina del disco cosa rappresenta?

La cover, invece, è la scannerizzazione di un disegno all’uncinetto. È stato realizzato da un artista che si chiama Iwryn, ha lavorato con un sacco di artisti esteri e anche italiani. Quest’immagine voleva essere una cosa divertente perché se ci pensi un quadro all’uncinetto è una cosa che ti aspetti di trovare a casa di nonna, in un luogo dall’aspetto confortevole, rassicurante.

In Italia la musica è sempre molto rassicurante, perché alla fine anche quello che canta di criminalità parla sempre del fatto che poi te ne esci oppure si parla d’amore, sofferenza o soldi.

Nel mio disco parlo di violenza da parte delle istituzioni, del femminismo, del cambiamento climatico che non sono problemi solo ed esclusivamente miei, sono problemi della collettività, intorno ai quali la stessa collettività dovrebbe prendere una posizione.

Il quadro rappresenta esattamente questo. La casa è molto rassicurante, carina, fatta a punto croce… però sta andando a fuoco, quindi c’è qualcosa che non va. C’è un dettaglio disturbante nel quadro che molti sembrano ignorare. Per quanto si possa ignorare una casa che va a fuoco.

Cover del disco Musica dal Morto di Vipra, realizzata da Iwryn.

Sia dentro che fuori dal disco ti sei espresso sul tuo rapporto con la musica fine a sé stessa. A tal proposito vorrei chiederti, secondo te, cosa ha portato la musica italiana ad appiattirsi dal punto di vista dei contenuti?

Penso che l’offerta di musica impegnata ci sia, ma manca la richiesta da parte del pubblico. Penso che tutto questo cambiamento sia dovuto al fatto che la musica italiana a un certo punto si è accodata alla frivolezza estrema della musica americana, criticata da molti artisti, tra cui i Nirvana.

Gli italiani a un certo punto hanno deciso che avevano già un sacco dei problemi e che la musica ci serve per non pensare, per distrarci. Oltre che intrattenimento, però, la musica è anche cultura, come il cinema. Non c’è soltanto il cinema di intrattenimento, ci sono anche film che raccontano qualcosa.

Più fai intrattenimento e basta, più la gente tende a non empatizzare con niente. È molto più remunerativo lisciare il pelo all’ascoltatore, farlo sentire speciale, intelligente, empatico, anche se poi questa empatia non si estrinseca in nulla.

Il pubblico vuole soltanto artisti che parlino d’amore? Bene, gli daremo solo artisti che parlano d’amore, piuttosto che dare spazio ad altre realtà musicali. Lo si fa perché vende. Quindi sì, non c’è domanda ma non è stato fatto nemmeno niente per farla prosperare.

Nel disco parli molto del concetto di “identità”. In Mr. Popstar – TENCO, critichi il dover compiacere gli altri, il dover adattarsi al contesto circostante piuttosto che affermare la propria identità. Mentre, in Orsetto Abbracciatutti – YAUCH, canti del sopprimere l’identità altrui per affermare la propria.

Sì, parlo del fatto che questa è la tendenza che hanno tutti, mentre il pacifismo può essere in grado di fare molto più rumore della violenza.

La violenza è diventata un po’ la dialettica di tutti. Nei pezzi d’amore c’è sempre questo desiderio di sopraffazione, ti prendo, ti faccio, ma chi sei? Oppure nei pezzi rap proprio non ne parliamo, le spacconate, la gang, il ferro.

Quindi ho voluto fare un pezzo in cui dico, cosa c’è che spacca molto di più di queste cose? L’amore, l’affetto. Infatti, in Orsetto abbracciatutti dico “Quando un uomo con la pace interiore incontra l’uomo con le pistole, l’uomo della pace magari muore ma ne esce vincitore”. Mi sono immaginato il pischello di piazza Tienanmen. Noi ci ricordiamo lui, non ci ricordiamo quello che guidava il carro armato.

Allora ti chiedo, da artista, cosa vuol dire per te affermare la propria identità? E perché è così difficile farlo oggi nel mercato musicale?

Perché quello che cerca il mercato musicale non è quello che sei tu. Io ho visto come si sono trasformati dei miei colleghi per avere successo. Come dice Iginio Massari in Mr. Popstar “Tu devi cucinare quello che piacciono agli altri”.

Il brano alla fine parla di questo, di aspettative. Come i ragazzi all’università hanno le aspettative che li schiacciano e poi finiscono a volte per suicidarsi, così gli artisti sono schiacciati dalle aspettative del pubblico.

Quindi l’identità è una cosa che ti penalizza nella musica. A me, per esempio, penalizza. Io ho gente che mi detesta per le cose che dico, per le cose che penso. Il successo, invece, molto spesso viene costruito e ci sono delle persone che si occupano del fatto che tu devi avere dei commenti sotto i post che dicono che sei forte. In questo modo gli altri avranno la percezione che alla gente piaci e di conseguenza tu piacerai a loro. Funziona così, devi dare la percezione di essere un vincitore.

Dato che nel 99% dei casi l’artista non è un vincitore ma una persona normale, essere sé stessi non funziona nell’attuale mercato discografico italiano.

Copertina di De4dzine, giornale ideato da Vipra e Barbara Martire.

Parlando sempre di identità, cosa ne pensi del fenomeno delle intelligenze artificiali applicate al mondo dell’arte? Pensi che questi tool possono in qualche modo danneggiare il lavoro di voi artisti in carne ed ossa?

Succederà, eccome. Quando arriveranno a essere multimodali, si prenderanno tutto. Sicuramente le intelligenze artificiali cambieranno il modo di fare musica, come hanno già cambiato il modo di fare arte.

Ti fa pensare più che altro in che cosa gli esseri umani prima hanno trasformato la musica. Abbiamo reso la musica un qualcosa di estremamente procedurale, routinario. La gente è abituata a sentire e risentire la stessa cosa e non è educata a sentire musica diversa, non la vuole. Quindi, una volta che una macchina impara quel pattern, ha successo. Inoltre, una macchina al momento non è in grado di creare innovazione a livello artistico. Però dato che sembra essere questa la tendenza attuale, vuol dire che la musica non ha bisogno di innovazione ma di soldi.

Quando ci renderemo conto dei suoi effetti negativi, assisteremo al classico fenomeno di tutti che diranno “Ah, io l’avevo sempre detto che l’intelligenza artificiale andava fermata!”.

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Riguardo al sound del disco, hai fatto delle scelte piuttosto anticonvenzionali, discostandosi dalle tendenze. Cosa ti ha spinto ad avvicinarti a questo stile? Pensi che in Italia si potrà affermare una nuova scena punk rock?

Avoglia, anzi è probabile che succeda tra un paio anni.

Pensi più dal punto di vista prettamente musicale o proprio dell’attitudine?

No, dal punto di vista musicale. Gli artisti italiani molto spesso hanno zero attitudine.

Ci sarà una scena punk in Italia? Probabilmente sì, perché ci sono un sacco di gruppi post-punk che stanno spaccando all’estero. Prima o poi a qualcuno verrà in mente di copiare questa cosa in Italia, perché generalmente noi facciamo le copie della roba un po’ di tempo dopo e di solito in versione un po’ pacco.

È un po’ complicato fare la musica con le band perché costa. Hai i trasporti, gli strumenti, però tanto la musica va a cicli come la moda. Quindi sì, secondo me anche a breve arriverà un’ondata di musica punk.

Io in generale, quando faccio una cosa, non la faccio mai abbastanza in tempo da essere quello che l’ha fatta al momento giusto, mai successo.

Che cosa ti aspetti di ricevere da questo disco?

Niente. Zero.

Ci saranno le persone che diranno che è un bel disco, ma questo album non ha nessuna carta in regola per avere successo. Non ha un featuring, non ha una produzione che strizza un po’ l’occhio alle sonorità del momento. Poi non ha un testo “chiaro”. Oggi, invece, nei testi devi essere estremamente didascalico. Un piano di lettura e basta.

Sinceramente non mi aspetto niente che non sia affetto dalle persone che lo ascolteranno. Poi è un disco che ti può sentire quando stai particolarmente incazzato quindi penso che, in ottica del tour, chi verrà ai live si divertirà. Tutto qui.

Non mi aspetto nessun premio, nessun riconoscimento. Poi chi lo sa? Io parto sempre senza aspettative.

Penso sia un’ottima filosofia in ogni ambito. Grazie mille della chiacchierata.

Grazie a te.

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